Come costruire solidi ponti di vita

Oggi più che mai, in Italia, sentiamo parlare di ponti. Un po’ per cronaca, un po’ per filosofia, un po’ per demagogia. Ahimé, negli ultimi periodi ci siamo abituati ad associare il ponte ad una immagine nefasta, a qualcosa che cade, che cede, che crolla.  Il ponte, a dircela tutta, è la metafora della nostra vita e come tale può apparire sotto una solida o fragile conformazione. Dipende da noi. “In retrospettiva non ho rimpianti, […] sono deciso a continuare a costruire ponti”. Leo Buscaglia Qualche giorno fa, leggendo il libro “Vivere,amare,capirsi“, del professor Buscaglia, ho letto la frase sopracitata e mi sono soffermato un po’ su di essa.  Ho cercato di comprenderne a pieno il significato e di viverla in prima persona. I PONTI NEL CONTESTO UMANO Secondo il noto scrittore greco Nikos Kazantzakis, gli insegnanti sono ponti verso la conoscenza. Essi supportano gli studenti lungo la traversata. A traversata compiuta, si ritirano, incoraggiandoli a fabbricarsi da soli nuovi ponti (concetto bene espresso nel mio precedente articolo, “Il Maestro e la Via”). I PONTI NEL CONTESTO PERSONALE Ponti… quanti ponti ho costruito nella mia breve vita! Non me ne ero accorto fino a pochi giorni fa. Non sono un insegnante e nemmeno un abile manovale, eppure, osservandomi bene intorno, ho contribuito alla costruzione di ponti. Ho unito estremità separate dal vuoto. Quanta fatica per fare in modo che due punti potessero essere collegati fra loro. Nei miei articoli, mi diletto come non mai, a collegare cose apparentemente diverse, immagini sconnesse, concetti distanti, culture divise. La mediazione è la mia arma (come dico nel tweet di oggi “mediare è costruire ponti“). Quando in un progetto c’è un anello mancante, di solito mi vengono a chiamare dicendo: “Leo, tu che hai fantasia… riesci a trovare le giuste parole per far combaciare questi due aspetti?“. Devo essere sincero, non è fantasia la mia… è ambizione. Mica penso che sia impossibile! Tutt’altro. La possibilità che ogni cosa sia collegabile, mi spinge a partire e dirigermi verso la meta opposta. Si fa talmente grande, il desiderio di toccare l’altra estremità, che preso da un sentimento di folle innamoramento, mi faccio in quattro per innalzare un ponte. (Un po’ come la voglia matta, quasi carnale, di due particelle subatomiche, di segno opposto, di collegarsi l’ una all’altra!). Poco importa che sia difficile o meno. Metto tutta la mia pazzia in gioco: chi me lo fa fare di sospendermi nel vuoto, semplicemente per “arrivare da un luogo ad un altro”? Basterebbe accontentarsi di quel che si è, di quel che si ha, e così la vita scorrerebbe tranquilla. I PONTI COME METAFORA DELLA VITA A pensarci bene però, la vita non può scorrere in questo modo. Senza il collegamento tra due cose opposte, noi non conosceremmo la vita stessa. Infatti la nostra esistenza, qui, si innesta proprio su di un ponte: il passaggio dalla nascita alla morte. La vita si diletta a fluttuare tra questi due punti misteriosi e mentre cammina fra una sponda e l’altra ci esalta con le sue stranezze e meraviglie. I PONTI AI GIORNI NOSTRI Oggigiorno i “ponti” crollano. Chissà se accada perché siamo noi i primi a non vivere davvero. Spesso preferiamo cedere allo sconforto e all’abbandono dell’anima. Così la vita cade e quindi il ponte cade. I PONTI PER SUPERARE I CONFINI Il ponte è il mezzo per unire due cose distanti. Il ponte supporta la libertà: se vuoi puoi attraversarlo, oppure stare dall’estremità che più ti piace. Il ponte ha in sé il rispetto del confine e lo stimolo per superarlo. Il ponte è lo strumento più umano che esista per esaltare le differenze e andare oltre le divisioni. Il ponte spinge all’esaltazione delle anime e le porta a confrontarsi per evolvere. COME COSTRUIRE SOLIDI PONTI DI VITA C’è un modo per costruire solidi ponti di vita? Sì, ed è questo:il punto di vista. Trovare il nesso tra questo articolo e i ponti materiali (quelli che crollano in questi giorni, come il ponte di Genova) può essere un inizio. Se riesci percepire che non c’è poi così distanza tra il ponte come metafora di vita e il ponte come collegamento stradale; allora anche tu hai già iniziato a costruire solidi ponti. Il punto di vista è il ponte di vita! Tu, saresti disposto ad affrontare il vuoto per erigere un ponte? Leonardo Capitanelli Continua a seguirmi!   Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.0 Italia

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IL MAESTRO E LA VIA

“Sei tu a dover compiere lo sforzo richiesto. I grandi del passato hanno solo mostrato la via. Coloro che pensano e seguono quel pensiero si liberano dai vincoli dell’illusione.” Aforisma Buddista La vita è un percorso lungo e arduo. Noi piccoli esseri umani, spesso, non ne comprendiamo le sue dinamiche. Talvolta siamo così tanto distanti dalla verità che ci sentiamo persi nel vuoto. Facile, allora, digrignare i denti e battere a terra i pugni. Un lamento, che spesso si trasforma in un’infantile imprecazione verso il cielo, verso il sacro, verso i valori, verso la vita stessa. Un modo per comprendere i movimenti dell’essere è quello di lasciarsi guidare dai passi di chi ha saputo vivere su questa terra; una volta, quel qualcuno, l’avremmo chiamato modello, oggi invece preferiamo dire influencer. Chi di noi non prende spunto da qualcuno? Tutti noi abbiamo il nostro influencer di riferimento. Siamo abituati oramai a “seguire” qualche personaggio di spicco. I social network, benché spesso “banali”, hanno attivato l’attitudine comune a seguire e prendere esempio; modalità più che positiva, se indirizzata nel giusto verso. Oggi più che in ogni altro momento storico, si ha la sensazione che ci si debba affidare a qualcuno per tirare fuori tutto il nostro potenziale. Molto spesso però chi guida non è una guida; non è un vero Maestro. Allora i followers ricavano solamente informazioni e consigli che non vanno di pari passo con la vita. Un vero Maestro conosce la vita e le sue modalità, sa bene che nessuno, ma proprio nessuno, può fuggire da essa: la vita è vita. Un grandissimo Maestro di Kung-Fu, Si-Fu Kwong-Choy-Ley, diceva: “La vita è strana, prima fa l’esame e poi insegna”. Un Maestro ti aiuta a prepararti in anticipo per la sfida; e quando essa è in atto, ti accompagna nel percorso, cercando di infonderti coraggio e forza. Un vero Maestro lascia che i suoi allievi prendano la propria strada. Un processo che avviene lentamente, ma prima o poi accade. Nessuno può esimersi “dal salto nell’abisso della vita”. Con i giusti insegnamenti, passeggiare tra le strade dell’esistenza è più semplice, per quanto sempre difficile, spaventoso e a volte doloroso. Avendo il giusto passo, però, ci si può districare con abilità e mettere a frutto le nostre doti, la nostra unicità. Un Maestro può darti i giusti insegnamenti e il giusto passo. Occorre trovarne uno vero però, uno che sappia che insegnare non è questione di like né di followers; insegnare è questione di AMORE. Nessuno può garantire che con pochi insegnamenti si possa realizzare la propria vita; un Maestro però sara lì con te mentre ci proverai e tiferà per te anche quando tutto sembrerà perduto. Ho sempre voluto vivere a pieno e per questo un giorno ho cercato una Guida in grado di aiutarmi a trovar la mia Via. Nel mio prossimo libro, “I Guerrieri del Tempio” ve la presenterò con molto, molto piacere. Nel frattempo vi pongo una domanda: Voi pensate di avere bisogno di una Guida? Leonardo Capitanelli Continuate a seguirmi!   Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.0 Italia  

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COLTIVA E ISPIRA

In questo periodo di ferie, tutti (o quasi), ci rilassiamo e iniziamo e pensare ai giorni a venire. Nelle pause estive la mente si distende e si volge verso l’orizzonte. Sogni, aspettative, obbiettivi… quanti desideri si “materializzano nei nostri occhi”. Finché i desideri rimangono pensieri, nessuno li può toccare, nessuno li può intaccare; sono potenzialmente attuabili. Allo stesso tempo però non si possono concretizzare. Per vederli realizzati occorre provare ad attuarli. Il passaggio è cruciale. “Volere è potere, provare è attuare” Leonardo Capitanelli Come fare questo passaggio? Provare significa mettere in conto il rischio di perdere e spesso questo ci spaventa. Lasciare tutto intatto nella nostra mente, diventa una posizione di comodo: nessuna aspettativa verrà delusa. Però questo atteggiamento non appaga mai fino in fondo e quindi vale la pena di rischiare. Viste le mie ultime esperienze, in abito  di realizzazione personale e lavorativa, ho voluto creare un piccolo libro GRATUITO, intitolato “Coltiva e Ispira” (come il mio motto). Questa breve e speciale opera è un piccolo manuale che può esserti di aiuto per focalizzare la mente sui tuoi sogni, visualizzare gli obbiettivi e vincere il più grande ostacolo di tutti! Vuoi sapere di cosa si tratta? Clicca qui e scarica il libro “COLTIVA E ISPIRA” Leonardo Capitanelli Continuate a seguirmi!   Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.0 Italia

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Il povero detiene la ricchezza e l’opportunità

Il povero coltiva. Da sempre, nello scenario comune, al povero viene associata la figura del contadino. Un po’ come se povertà e lavoro nei campi fossero necessariamente legati. Cosa c’è di più ricco del coltivare? Nulla! “Il primo uomo fu un agricoltore, e ogni nobiltà storica riposa sull’agricoltura” Ralph Waldo Emerson Chi coltiva ha tra le mani l’arma più potente del mondo: il seme. Il seme è simbolo di nascita, il seme è simbolo di vita, il seme è simbolo di fioritura, il seme è simbolo di forza. Coltivare significa immergersi nel mistero: il seme deve morire, la terra deve accoglierlo; il seme deve trasformarsi, la terra deve nutrirlo; il seme deve crescere, l’ambiente deve permetterlo. Condizioni interne ed esterne si intersecano in un tutt’uno magico e alchemico. Nessuno sa veramente quanti frutti porterà quel piccolo granello di vita; quel semino. Se c’è un segreto che ho compreso è che se ti senti povero di qualcosa, povero in qualcosa… è lì che inizia davvero il tuo processo di realizzazione. Bisogna passare per l’incertezza e per il mistero dell’abbandono per abbracciare qualcosa di più grande. “Occorre saper far gettito della propria vita per trovarla” Carlo Maria Martini “Tu hai delle aspirazioni?” Se sì, prendi un minuto di tempo per rispondere a questo questionario: COLTIVA E ISPIRA (CLICCA QUI) Ti accorgerai che le tue carenze alimentano le tue motivazioni Leonardo Capitanelli Continuate a seguirmi!   Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.0 Itali

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Un seme più che speciale

C’era una volta un albero chiamato Pruno. Pruno abitava in un bosco dell’Italia centrale, nei pressi dell’appennino marchigiano. Era ancora giovane quando diede alla luce il primo frutto: una prugna piccola piccola e anche ammaccata. Il suo amico Pesco viveva nelle vicinanze. Ogni anno era solito donare agli esseri viventi una immensità di frutti: pesche di tutte le qualità, dimensioni e sapori. Il contadino che si prendeva cura di loro, vedendo la differenza di produttività tra i due alberi decise di abbattere Pruno e di piantare al suo posto uno dei semi di Pesco. Un bel giorno prese gli attrezzi e gettò al suolo l’albero di prugne. Senza che se ne accorgesse, l’unico frutto generato da Pruno cadde e andò a “nascondersi” in un piccolo buco nel terreno. Passato qualche anno il contadino, notava con orgoglio la bellezza della nuova pianta; la figlia di Pesco. Fiero e appagato, non si accorse che c’era qualcosa di strano. Arrivato il tempo della raccolta, il contadino si adoperò per raccogliere i frutti della figlia di Pesco. Giunto sul posto, però, noto che l’albero aveva dato alla luce un’ infinità di prugne. Stupito ed incredulo, andò per il paese ad annunciare il miracolo: una pianta di pesche aveva generato le prugne. Lo stolto non aveva capito che il frutto generato da Pruno fosse caduto al suolo e, benché brutto, potesse far “sbocciare” un grande meraviglioso albero di prugne. Pesco invece, attento solo alle apparenze, riusciva a creare frutti di poco valore, capaci semplicemente di “ammaliare” qualche essere vivente con la loro bellezza, ma totalmente incapaci di generare vita. Morale della favola: L’albero si giudica dal frutto; e il frutto dal seme.   Leonardo Capitanelli Continuate a seguirmi!   Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.0 Itali  

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Speciali, unici, inimitabili

Tanto tempo fa viveva un essere umano davvero speciale. Tutte le cellule del suo corpo cooperavano in maniera simultanea e armonica, tanto da risultare un complesso perfetto. Un giorno però alcune cellule del cuore iniziarono a fare dei capricci e ad essere invidiose dei  neuroni. Perché i neuroni erano intellettualmente superiori? Stanche di essere tanto sentimentali e poco intuitive, diverse cellule del miocardio decisero di emigrare nel cranio. Arrivate a destinazione studiarono le capacità dei “nemici” (i neuroni), analizzando nel dettaglio ogni loro caratteristica. Appresi i segreti tornarono a casa. Arrivate al cuore, avviarono una nuova attività di calcolo. “L’impresa” venne sviluppata in modo accuratissimo e ben presto iniziò ad avere molti “clienti e followers”. Il cuore si trasformò in un cervello vero e proprio. L’essere umano non aveva più il cuore; o meglio, lo aveva ancora ma funzionava a rilento. Il poco afflusso di sangue agli altri organi fece sì che tutti iniziarono a stare male e presi dallo scontento generale organizzarono una sorta di rivolta. L’organismo era andato in palla, gli equilibri erano rotti. Il sangue a disposizione cercava di farsi in quattro per accontentare tutti: dare i giusti nutrimenti, portare in magazzino le riserve alimentari, aiutare ad eliminare le scorie… I suoi sforzi, però, non bastarono. Il corpo oramai era malato seriamente; la soglia era stata superata. Non c’era via di ritorno. Questa storiella ci riguarda molto da vicino: le cellule siamo noi. Molte volte non ci accorgiamo di essere dei pezzi unici di un puzzle ancora più grande; uno speciale organismo universale. Abbiamo tanti talenti, ma spesso crediamo che siano inferiori a quelli degli altri. Così iniziamo ad imitare e de-naturalizzarci. Non c’è niente di male nel prendere esempio dal prossimo, ma la nostra unicità deve rimanere tale e non essere infangata da falsi sentimenti. Un Cuore è unico, perché dà ritmo e sostanze alla vita. Un Cervello è unico, perché dà intelligenza ed estro alla vita.  Anche noi possiamo essere più cuore o più cervello; essere più sentimentali o più intuitivi. Non importa a cosa siamo più predisposti, l’importante è mettere tutto noi stessi in ciò che facciamo. Oggi tante persone cercano di imitare qualcun altro, perché non hanno abbastanza a cuore loro stesse. Forse non c’è stato qualcuno che le abbia valorizzate per cosa sono veramente. Questo è un grande problema… Probabilmente non c’è soluzione a questo disagio, ma… #ioascolto, perché tu sei speciale. Su dimmi, che in fondo lo sai… Cosa sei, tu, di speciale? Leonardo Capitanelli Continuate a seguirmi!   Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.0 Itali

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Io ascolto

Nacque così. Vedevo lo stupore nei sui occhi e sentivo la meraviglia nel suo cuore; non stava più nella pelle. Chissà cosa avesse notato di così speciale in me. Una “cosa” piccola piccola era divenuta talmente grande da non poter essere contenuta dentro di sé; il mondo intero doveva conoscere il mio talento. Nel suo ufficio c’era posto per chiunque avesse avuto bisogno di ascolto. Le sue orecchie erano giganti e sensibili; il suo cuore forte e delicato; la sua bocca semplice e arguta; le sue mani benedette e protese; il suo fare disponibile e cordiale; il suo animo dolce e combattivo. Un messaggio unico, forse inimitabile: “Io offro sempre”. Non aveva interesse per quello che faceva; il suo agire andava a mediare l’azione dello spirito sulla materia. Le sue opere erano solamente atti di gentilezza mirati e meritevoli di essere taciute. Donava ascolto e riceveva doni; i più preziosi doni del mondo… i sorrisi altrui. Il suo esempio mi ha dato tanto. Ora tocca a me: #ioascolto … coming soon Tu, hai qualcosa da dire? Scrivimi!   Leonardo Capitanelli Continuate a seguirmi!   Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.0 Italia.

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Totale fedeltà

Siamo esseri umani: incostanti, fragili, piccoli, complessi, pazzi. Nelle nostre incertezze mettiamo tutto il cuore e amiamo incastrarci nelle difficoltà. I nostri obbiettivi sono travisati dall’incapacità di essere davvero sinceri. Quanto ci piace fingere! Ingannando, tutto è più semplice. Non siamo mai totali! “Non osare indugiare” Nelson Mandela Ogni giorno veniamo ingannati, presi in giro, traditi. Il lavoro è un campo di battaglia; la famiglia un tribunale; le amicizie un tavolo di trattativa. Purtroppo è davvero difficile oggi. Quante volte sentiamo ripetere  “Non ci si può fidare più di nessuno!”. Eppure sono convinto che ci sia qualcosa di sbagliato in questa constatazione: il punto di vista. Alla luce della premessa di questo articolo, non possiamo far finta di non conoscerci. Quell’altro di cui parliamo siamo noi! Per qualcuno siamo davvero noi… magari per un vecchio amico, per una sorella, per un datore di lavoro. Non ci sono scusanti, siamo i primi a tradire! Impossibile essere perfetti nelle relazioni col prossimo; impossibile. Noi e loro siamo umani. Siamo tutti umani!  Conoscendo la nostra natura umana, conviene arrendersi o arrischiarsi? Arrischiarsi! Non indugiare. Se c’è qualcosa di speciale in questo mondo è proprio la capacità delle persone di trasformare l’ordinario in straordinario. Una soluzione alla condizione umana forse non c’è, probabilmente non spetta a noi a questo compito, ma di certo possiamo abbracciare in modo totale la nostra vita e provare a dare una svolta alle nostre tendenze. Possiamo tendere verso qualcosa di più puro, ma dipende da NOI. Si può forzare il cuore, la mente, il corpo verso la scalata della montagna; consapevoli che prima o poi avremo bisogno di una sosta e che potremmo inciampare. Noi possiamo rendere più vere le relazioni perché noi, in primis, saremo quello/a di cui “Ci si può fidare”… saremo noi quell’altro che farà iniziare una reazione a catena per cui tra qualche anno si dirà “Ci si può fidare di tutti”. Occorre iniziare ad amare in modo totale, superando le difficoltà che si inframezzano durante il corso dell’esistenza. Da noi stessi comincia la fedeltà totale. Utopia? Forse… ma io mi arrischio! Voi?   Leonardo Capitanelli Continuate a seguirmi!   Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.0 Italia.    

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CALMA! è tutto qui…

Nel Kung-Fu, come in altre discipline orientali, si cerca continuamente di generare la calma. Nel mondo di oggi, così frenetico e irrequieto, ciò risulta molto difficile. Un metodo però esiste e si può fare anche durante la giornata. A una mente tranquilla l’universo intero si arrende. (Chuang-tzu) Nel mio prossimo libro, I Guerrieri del Tempio, approfondiremo in maniera concreta e provata l’affascinante tema (uno dei tanti) della pace interiore ed esteriore. “Visiteremo” tale aspetto sotto diversi punti di vista, assaporandolo da antiche leggende, da racconti fantastici e da testimonianze dirette. Il tutto verrà contornato da esempi pratici e tecniche ricercate. Ora invece, prendendo spunto dalla misteriosa storia sul capostipite del Kung-Fu, tale Chueh-Pah-Chuen, in grado di sconfiggere un potentissimo demone con la sola calma interiore; vi proporrò una breve ed immediata “Ricetta” per creare un po’ di pace. Questo semplice esercizio, vi richiederà solo 30 secondi (massimo 1 minuto)! Acquietiamo insieme un po’ di ansie, di tensioni, di nervosismi con qualche piccolo gesto. Proviamo: Prendere un normale bicchiere e riempirlo d’acqua (temperatura ambiente); Sedersi in un angoletto tranquillo, possibilmente in mezzo alla natura, ad esempio in giardino. Se ciò non è possibile, sedersi vicino ad una pianta (anche in casa o sul balcone); Accarezzare dolcemente il prato, una foglia o la piantina al nostro fianco Osservare lentamente il panorama circostante (anche l’ambiente casalingo o cittadino); Respirare profondamente (almeno 5 respiri)   Prima di leggere le prossime righe, provate la “Ricetta”   Niente di più banale! Niente di più scontato! Niente di più naturale!  Eppure talmente semplice da aver allontanato per 30 secondi (almeno) i pensieri di troppo. Che bello assaporare la calma! In fondo è tutto qui… Con voi ha funzionato un po’? Fatemi sapere… Leonardo Capitanelli Continuate a seguirmi!   Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.0 Italia.    

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