Accettare. Quanto è difficile magiare ciò che non va. Digerire parole, fatti, pensieri, azioni negative non è roba da poco. Nell’era delle intolleranze, appare una impresa titanica. “Anche io voglio la mia parte!”. 

Deserto: il luogo dell'accettazione

Deserto: dal latino desertus, p. pass. di deserĕre ‘abbandonare’.

Sei mai stato nel deserto? Io sì. Se anche tu ne hai fatto esperienza, avrai di certo trovato qualcosa: la privazione. Di sabbia o roccia che sia, il deserto impone una regola: l’abbandono. Non puoi pensare di entrare in un deserto ed uscirne allo stesso modo. Avrai un vestito in meno, uno zaino più leggero, una borraccia vuota, qualche chilo perso.

La natura nel deserto non è rigogliosa, la vita sembra nascondersi, i colori (eccetto in rari casi) sono stupendi, ma non rassicuranti.  Una emozione strana, perché ti ammalia, ti affascina, sembra accoglierti; allo stesso tempo però impone la sua legge: l’accettazione.

Non sai quante ore puoi camminare, non sai quale sia la meta, non sai cosa succederà di lì a poco. Sei tu, solo con la tua intimità.

Distanza immisurabile. Distanza inesistente

Quando nel 2016 feci esperienza del deserto, ero nel mezzo del Negev, in Israele. 

Osservavo ciò che mi circondava e sebbene il viaggio fosse “tutelato” dall’ asfalto, dai mezzi di trasporto moderni e dalle indicazioni stradali (e coordinate GPS), mi rendevo conto di non riconoscere le distanze. Tutto sembrava interminabile. Ero sempre “nello stesso punto”. Una distanza spaziale diversa dalla norma che faceva perdere i sensi. Una continua illusione anche temporale.

Se normalmente riuscivo a dare una stima a ciò che mi circondava, lì non era possibile. Tutto questo faceva apparire il deserto come un luogo distante dalla quotidianità, dalla vita “reale”. Eppure non era così.

A distanza di quasi 3 anni me ne rendo conto: ero dentro me stesso.

Non riuscivo a misurare lo spazio, perché tutto quello che vedevo non era al di fuori di me, ma dentro di me. Credevo di poter stimare il vuoto con un metro tarato per misurare le distanze. Quando le distanze non esistono è inutile provare a contenerle dentro ad una misura, dentro ad un numero. L’infinito può essere solo percepibile.

Deserto e traversata. Accettazione e felicità

Se vuoi morire basta poco. Basta tenere stretto tutto quello che hai, tutti i pesi, tutte le cose che indossi.

Prova a trattenere l’acqua: prima o poi evaporerà.

Prova a non perdere chili: prima o poi dimagrirai.

Prova a non alleggerire lo zaino: prima o poi la schiena cederà.

Prova a mantenere acceso il telefono: prima o poi la batteria si esaurirà.

Prova a mantenerti pulito: prima o poi sarai lurido.

Se vuoi vivere ci vuole molto. Non basta avere a disposizione tanti strumenti e tanti alimenti.

Occorre saper gestire ogni minima risorsa.

Occorre intuizione.

Occorre conoscenza.

Occorre esperienza.

Occorre tenacia.

Tutto questo non si apprende che in un solo modo: attraversando il deserto e abbandonando tutto ciò che non serve. Di certo se si sopravvive, si sarà trovato qualcosa di talmente unico che potrà aiutarci nella ricerca della felicità.

Abbandonare il superfluo. Accettare te stesso. Scoprire un mondo nuovo

Io non sopravviverei nel deserto. Sono troppo legato a ciò che ho e che sono. Di certo però, mi rendo conto che se voglio avanzare nella mia realizzazione personale, devo accettare le difficoltà e abbandonare il troppo.

Viviamo in un mondo di matti, dove tutti vogliono accaparrarsi una “parte”, una pezzettino di qualcosa che non sanno nemmeno loro bene cosa.

Ma ti rendi conto se noi riuscissimo a vivere anche nel vuoto! Anche nel poco! Forse non ci spartiremmo il tesoro, ma saremmo parte del tesoro stesso!

 

Che dici di fare un po’ di deserto dentro? 

Leonardo Capitanelli