Una moda: il confronto a posteriori. Tornare sulle proprie ragioni a seguito di un accordo o di un dialogo. Riportare le proprie verità ad un differente interlocutore. Evitare il faccia a faccia con l’interessato. Diffondere false notizie attraverso i “nostri media”. Fragili fantasie che ci lasciano sognare una realtà tutta nostra. E se questa attitudine nascondesse un pregio mai rivelato?
Oggi più che mai si cerca il confronto. Siamo dentro alla società della comunicazione. Chi comunica vince, in tutti i campi della vita. Basta poco per far sentire la propria voce, ci sono miriadi di possibilità. Il web, i social network, le Chat Apps. Siamo sommersi di voci, parole, informazioni.
Quanti di noi affrontano tematiche di rilievo, discutono di questioni profonde, si confrontano su argomenti di spessore. Abbiamo la possibilità di dialogare e rendere note le nostre posizioni come mai prima. Una libertà che ci siamo guadagnati nel tempo, ma che sembra averci allontanato dal vero confronto.
Moltissime volte si scelgono le vie indirette (anche se apparentemente sembrano dirette) per raffrontarsi personalmente. Si preferisce pubblicare un post o una immagine evocativa, provocatoria, piuttosto che la chiacchierata viso a viso. Siamo diventati un po’ “politici” (passatemi il termine, che non vuole essere offensivo nei confronti di chi svolge tale importante ruolo), cerchiamo l’appoggio dei followers che diventano i nostri principali interlocutori.
Il soggetto della questione viene messo al centro della scena con accuse, frasi diffamatorie, scherno e in secondo piano nella discussione.
Un paradosso che si riflette inevitabilmente nella realtà. Sempre di più “parliamo alle spalle”. Il confronto avviene a posteriori, in un luogo e in un tempo non adatto alla discussione, per di più senza che “l’opposizione” abbia voce in capitolo.
Vi lancio la prima domanda: dov’è finito il dialogo?
Mi viene in mente una constatazione, fantasiosa, ma nemmeno troppo sciocca. Siamo tutti autori/scrittori. O quanto meno sogniamo di diventarlo. Ci piace ideare il nostro fantastico mondo dove tutto è in accordo con la nostra fantasia, dove siamo noi a dirigere le regole del gioco, dove c’è pace, armonia, perfezione… secondo il nostro punto di vista. Una libertà che non comprende le scelte altrui, ma che vive e si basa sulle nostre idee. Per questo parliamo, cerchiamo appoggio, diffamiamo. Stiamo cercando il nostro mondo; solo che sbagliamo il modo di farlo. Perché quello che stiamo cercando è nella nostra fantasia. Questo non significa che sia banale, ma che dobbiamo dargli spazio.
Se avessimo il coraggio di prendere un quaderno bianco e ritornassimo a scrivere le nostre “storie”, ci accorgeremmo che questo nostro mondo immaginario di già ci appartiene. Ma è diverso esserne consapevoli dal non esserlo. Se capisci che anche tu sei uno scrittore e che hai un mondo tutto tuo che vuole essere dipinto tutto cambia.
Perché?
Perché uno scrittore sa di dover fare a botte tutti i giorni con le proprie idee per cercare di tirar fuori dal suo cuore a dalla sua testa dei pensieri sensati. Pensieri che verranno riportati su “carta” e che un opportuno lettore dovrà leggere. E non si può mica scrivere tanto per farlo (come invece avviene sui social network). Chi sta al di là della tua opera d’arte deve comprendere ciò che vuoi condividere. Non può essere un pensiero inutile o infantile. Non può essere una produzione fatta tanto per fare. Hai un compito importantissimo in mano. La tua penna può salvare o uccidere.
Oltretutto uno scrittore ha una libertà inaudita. Come dicevamo prima, ha un mondo tutto per sé. E che ragioni avrebbe di dover imporre le proprie idee, quando può tranquillamente condividerle con i “suoi personaggi”?
Ebbene, in quanto scrittore, ogni singolo istante mi confronto con le mie idee, le ascolto, le valuto, prendo nota, le scarto, mi arrabbio, le calpesto, le coccolo, le preservo. Mi rapporto faccia a faccia con ognuna di loro. Nessuna esclusa. Poi una volta ascoltate tutte, trovo la giusta mediazione e ne estrapolo un concentrato di amore e fantasia che possa aiutare il prossimo.
Cerco di applicare questo metodo anche nella vita quotidiana, evitando il confronto a posteriori a vantaggio del dialogo fraterno, cuore a cuore, viso a viso. Mi dissocio dalla moda social, dove tutto è pubblico, ma niente è autentico; tanto meno costruttivo.
Detto ciò… vi va di diventare scrittori?
Leonardo Capitanelli